Una scossa prolungata, pochi secondi per catturare e twittare uno screenshot dei primi tweet che comparivano lungo la penisola, poi l’evacuazione dell’edificio.
Sprovvisto di dispositivi mobili, con l’incoscienza che mi stimola la frenesia di rientrare in ufficio per monitorare istante per istante le conversazioni online per acquisire ulteriori informazioni sulle dinamiche dei network territoriali in stato di emergenza.
Alle ore 9:04 la situazione dei tweet che utilizzavano l’hashtag #terremoto era questa.
Sento qualcuno parlare di magnitudo 5.9; altri purtroppo parlano di morti e non trovo parole adeguate per commentare.
Intorno a me vedo diversi smartphone e qualche iPad, ma percepisco pochi account Twitter; li riconosci subito, perché li vedi smanettare freneticamente sugli smartphone.
Rientro un’ora dopo, alle ore 10:15, quando la situazione era radicalmente cambiata, rammaricato per essermi perso i passaggi cruciali. Rammarico che però dura giusto un’istante, per lasciare spazio ad altri stati d’animo appena leggo che i morti nel solo modenese sono dieci.
Rispetto ai primi istanti, dove a reagire sono le persone geolocalizzate a Milano, a Roma e in Emilia, un’ora più tardi ne parlano in tutta Italia e anche nelle principali capitali europee, in particolare a Londra.
In Italia la maggiore concentrazione di tweet si registra nel centro-nord, a Roma e Napoli.
In Piemonte e in Liguria, Lazio e Campania i capoluoghi calamitano i tweet.
Intorno a Milano se ne registrano parecchi per un raggio di 50 km, poi via via lungo le pendici delle Alpi, fino a Venezia.
Anche in Veneto il passaparola si è sentito parecchio, specialmente a Padova, Treviso e Vicenza, ma anche nelle località più piccole e remote.
Singolare la diffusione nel modenese, dove i tweet paiono allineati lungo l’Appennino. Poi imboccano la via Emilia fino all’Adriatico.
A Pisa l’intensità dei tweet è paragonabile a quella del capoluogo.
Anche alcune province di Puglia e Sicilia fanno sentire la loro voce.
Devo interrompere l’ascolto attivo quando il mio orologio segna le 12:58, perché una nuova e prolungata scossa suggerisce una nuova evacuazione dell’edificio, puntualmente rimarcata dall’altoparlante.
Faccio giusto in tempo a catturare altre reazioni, stavolta considerando tutti i trends.
Alle 14:05 ci fanno rientrare nel palazzo: verifico nuovamente la distribuzione dei tweet e dei trend sul territorio. Mi accorgo che ormai che parlano in tutto il mondo, così rilevo anche le reazioni nelle città principali. Con un occhio sulla timeline di Twitter, vedo anche che in Italia c’è addirittura chi tenta di fare del Noto anche degli inusuali tweet in Sud Tirolo, perché questa volta il terremoto viene percepito fin lì.
Alle 14:12 arriva la terza scossa e di nuovo tutti nel piazzale: si rientra alle 15 circa. Gira voce che per motivi di sicurezza si potrebbe andare tutti a casa, poi la conferma. Riesco giusto a ricatturare l’hashtag terremoto e i trends un’ultima volta, finché il servizio di sicurezza mi invita a uscire dallo stabile.
I morti ora sono una quindicina e gli sfollati migliaia. Si torna a casa, mentre penso che molte persone oggi non potranno fare altrettanto. Tra questi, anche amici, persone rimaste isolate per ore dalle telecomunicazioni.
In questo momento si parla di #terremoto in tutta la penisola, anche nei piccoli Comuni. La partecipazione è generale, però i trend specifici rimangono concentrati nei nodi territoriali forti.
I tweet sono tanti, tantissimi: il picco massimo per l’hashtag #terremoto si verifica intorno alle 13:30, quando sfiora quota le 25 mila mentions, mentre emilia arriva a circa 6 mila intorno alle 15.
Il rumore è assordante, il flusso di informazioni è intensissimo sia in frequenza che in ampiezza. I retweet “alla cieca” si sprecano, quindi si cerca per scrupolo di fare filtro e di fact-checking sulle comunicazioni di servizio. Purtroppo le amministrazioni locali non sempre fanno il possibile per rendersi fonti affidabili e agevolare la verifica.
Verso le 18 il numero di tweet per singolo account era notevole, ma destinato a incrementarsi ulteriormente la mattina successiva, quando i contenuti diventano più specifici e geolocalizzati. Il generico hashtag #terremoto viene infatti rapidamente affiancato da numeri di telefono, indirizzi, località e aree geografiche, piuttosto che proposte concrete come l’annullamento della parata militare per la ricorrenza del 2 giugno, identificata dall’hashtag #no2giugno, oppure l’annullamento della partita della nazionale di calcio italiana che avrebbe dovuto svolgersi proprio a Parma.
Sempre intorno alle 18, cominciano a essere rilevanti anche le citazioni dall’estero.
Madrid, Parigi, Londra, Berlino, Caracas, New York, Shanghai e Sidney sono le principali città dove il segnale viene amplificato. Alle classiche testate locali e agli italiani all’estero per vacanza o lavoro, si aggiungono anche i canali di informazione in lingua italiana per le comunità all’estero, come nel caso dell’account @radioitalylive a New York.
Oggi si riparte, con la consapevolezza che probabilmente dovranno imparare a convivere con queste scosse anche quelle aree che finora ne sembravano escluse, ma anche che la comunicazione nelle situazioni di emergenza migliorerà continuamente grazie ai media digitali.