L’utilizzo dei social media da parte del premier David Cameron in questi giorni è stato oggetto di pesanti critiche. Il problema è che fonti autorevoli hanno riportato dati completamente errati a sostegno delle affermazioni, senza verificare le fonti o addirittura alterandone i dati.
L’oggetto del contendere sarebbe la campagna di marketing – del costo stimato di 7.500 Sterline – utilizzata per far crescere il numero di like della pagina Facebook di Cameron, da alcuni giudicata “patetica“.
Notando però a colpo d’occhio diverse incongruenze negli articoli che riportavano la notizia, ho deciso di fare un po’ di fact checking.
Il dato corretto sulla progressione dei like è questo:
7 gennaio: 43 mila
7 febbraio: 87 mila
7 marzo: 127 mila
Da Google ho visto che la notizia era stata riportata anzitutto dal Daily Mail, seguito dal Guardian (che, non pago, persevera) e da RaiNews.it.
Il Daily Mail è la seconda testata britannica, per giunta la più conservatrice e quindi teoricamente vicina al Tory Cameron.
Il Guardian – di orientamento laburista e peraltro solitamente molto obiettiva – è probabilmente la testata che più di altre nel mondo fa dell’utilizzo dei dati un vanto.
RaiNews si è limitata a tradurre i testi dall’inglese all’italiano o poco più.
Analizziamo invece ora le singole affermazioni riportate su questi canali di informazione.
Affermazione Daily Mail #1:
“Cameron un mese fa aveva 20 mila like”
FALSO: il 7 febbraio erano 87 mila e il 7 gennaio 43 mila
Affermazione Daily Mail #2:
“La cifra di 7500 Sterline è stata ricavata sulla base di 50 pence per like”
FALSO: 107 mila like guadagnati a 50 pence l’uno fanno 53,5 mila Sterline (pari a … Euro al cambio attuale). Anche considerando l’incremento effettivamente registrato – cioè di 40 mila like nell’ultimo mese – la cifra spesa sarebbe di 20 mila Sterline
Affermazione Daily Mail #3:
“Il costo in Facebook Ads per 1 like a una pagina è di circa 50p”
Probabilmente FALSO: secondo Facebook, con 12 Sterline al giorno si possono verosimilmente catturare dai 26 ai 104 like
Affermazione Guardian #1:
“Un mese fa i like erano 47 mila”
FALSO: il numero corretto è 87 mila, anche se è un po’ più realistico di quello del Daily Mail.
Se il Guardian non si è accorto di aver riportato un dato diverso dalla fonte, ha sbagliato.
Se si è accorto e non l’ha scritto, ha sbagliato.
In entrambi i casi doveva rendersi conto che i conti non tornavano.
Affermazione Guardian #2:
“Un mese fa i like erano 60 mila”
FALSO: vedi sopra
Affermazione RaiNews #1:
“Un mese fa Cameron aveva 20 mila like”
FALSO: Un mese fa erano circa 87 mila
Affermazione RaiNews #2:
“Raddoppiati i like, da 20 mila a 127 mila”
FALSO: il doppio di 20 mila è 40 mila, la metà di 127 mila è 63,5 mila
Affermazione RaiNews #3:
“Il costo di ogni like sarebbe di 50 sterline”
FALSO: l’articolista confonde Sterline e Pence, dimostrando di non sapere niente di valute internazionali e di non possedere un briciolo di buon senso (60 Euro a like?)
Quali sono i dati corretti?
Ho analizzato l’andamento, negli ultimi mesi, non solo della pagina Facebook di Cameron, ma anche dei suoi account Twitter e Google+. Si nota, per esempio, che:
- la campagna di marketing su Facebook è cominciata a gennaio
- il 6 ottobre 2012 è successo qualcosa che gli ha fatto guadagnare ben 59 mila follower su Twitter in appena due giorni (vedi scalino)
- su Google+ la crescita è estremamente regolare, al punto da indurmi a fare un conteggio più accurato per verificare se – in questo caso – potesse essere dovuta all’acquisto di follower fake. Giudicate voi.
In conclusione
Strafalcioni a parte, Daily Mail, Guardian e RaiNews dovevano verificare i contatori di Cameron prima di sparare numeri a casaccio e costruirvi sopra articoli del genere. Qualcuno ha parlato di fake in relazione ai like acquistati su Facebook, affermazione su cui però non mi trova d’accordo in quanto il like apportato da un account fake è ben altra cosa; questi like sembrano invece interessare account reali e consenzienti, ragion per cui la campagna di marketing può essere vista – al massimo – come una forzatura o un’accelerazione di quelle che dovrebbero essere le buone pratiche di coinvolgimento. Tutto qui.