Com’era prevedibile, la diffusione in rete di messaggi pro-petizione anti acquisto bombardieri F35 da parte del Ministero della Difesa ha spaccato in due l’opinione dei lettori.
Effettivamente, in un momento come quello attuale è comprensibile che vengano prese posizioni “di pancia” sull’acquisto degli F35 o su qualsiasi altra spesa pubblica, senza approfondire troppo l’argomento; almeno su questo concordo con l’amico Piero che ha sollevato la questione su Facebook.
Una valutazione razionale dovrebbe invece partire dalla lettura di dati e contesto, quindi porsi domande come:
- Mi servono? Devo sostituire qualcosa che cade a pezzi? Devo coprire esigenze presenti e future che in passato non avevo?
- L’apparato della Difesa ha altre necessità strutturali da sistemare, prima di procedere a questo acquisto?
- Che garanzie mi offre il costruttore? I termini dell’appalto consentono una rivalsa sul costruttore?
- Quanto mi costano? Il costo lieviterà ancora?
- Posso rimandare la spesa? Di quanto?
- Posso ridimensionare la spesa? Di quanto?
- Quanto mi costano – singolarmente e complessivamente – progettazione, acquisto e manutenzione?
- Esistono alternative che offrono migliore qualità, minori costi o entrambe le cose?
Le risposte, andrebbero inserite in una valutazione di carattere generale sull’opportunità o meno di destinare questi fondi a mezzi militari anziché a interventi economici in aiuto di famiglie e imprese.
L’intero progetto degli F35 è risultato fallimentare perché viziato dall’assenza di un monitoraggio serio dello stesso – soprattutto da parte degli investitori, che avrebbero dovuto tutelare i loro interessi – col risultato di far lievitare esponenzialmente tempi e costi, oltre che di sfornare un prodotto di qualità molto inferiore ai prerequisiti.
Il problema è che abbandonarlo significa buttare al vento parecchi anni e centinaia di miliardi di dollari già spesi, quindi ci si trova di fronte al bivio dove un cartello ci indica di perseverare a oltranza e l’altro riporta “ok, ora basta”. E’ aggravato dal fatto di coinvolgere molte nazioni, già in fase di investimento.
Il contesto italiano – ricordiamolo – è quello descritto qui sotto, sensibilmente diverso da quello canadese (tentato di abbandonare l’acquisto degli F35 in favore di alternative made in Europe) e britannico (con fortissimi investimenti economici nel progetto).
Linkiesta:
“Servono 400 miliardi per ridurre il debito. Ma gli investitori internazionali sono già scettici“
“quel fardello da oltre 2.000 miliardi di euro che pesa come un macigno sulle spalle del Paese“
“incidere effettivamente sugli 800 miliardi della spesa pubblica nazionale“
“Il vero banco di prova per risollevare il Paese è l’abbattimento del cuneo fiscale, invocato ieri anche dal presidente di Confindustria Giorgio Squinzi. Su come alleviare l’enorme peso delle tasse sul costo del lavoro (arrivato secondo l’Ocse al 47,6% per un single senza figli) se ne parlerà seriamente in autunno, con la legge di stabilità. È già evidente che «sarà uno sforzo enorme – spiega Carlo Dell’Aringa, sottosegretario al Lavoro – che costerà almeno 10 miliardi“
Ricordiamolo, il Parlamento italiano stanzierà 13 miliardi di Euro per l’acquisto di F35.
Tu, da che parte stai?