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Clandestina a Damasco: il libro

13 Dic Posted by in Uncategorized | 1 comment

Anche se il titolo potrebbe fare pensare diversamente, “Clandestina a Damasco – Cronache da un paese sull’orlo della guerra civile” di Antonella Appiano è molto di più di una cronaca sulla drammatica situazione siriana, che in realtà viene utilizzata come filo conduttore per descrivere la Siria attuale da un punto di vista sociale e culturale, prima ancora che politico.

Antonella lo fa attraverso una narrazione coinvolgente che si snoda quasi in real-time con dovizia di particolari, accompagnando il lettore passo dopo passo nel suo percorso conoscitivo di colori, profumi, abitudini, lingua, pensieri, sentimenti e speranze.

Lungo questo percorso, Antonella fornisce le chiavi di lettura di quel “mosaico di culture e religioni diverse” che distingue la Siria dal resto del mondo arabo, come lei stessa scrive.

Attualissimo, anche se pubblicato nel 2011, vi si ritrovano molti problemi irrisolti che non si sono esauriti con le primavere arabe e che oggi mostrano una Siria a un passo dall’essere attaccata da forze NATO, ma anche le proteste di questi giorni di buona parte del popolo egiziano contro il presidente Morsi.

Può essere quindi considerato un prezioso documento su come si sono svolti realmente i fatti in questa parte del mondo in un particolare periodo storico, sia in virtù dell’impossibilità da parte dei media tradizionali di accedere a questi territori che anche delle azioni di sorveglianza e censura praticate dal governo di Assad.

Antonella lo ha fatto, forse con un pizzico di incoscienza ma con lo spirito del reporter di razza, addentrandosi travestita e sotto falsa identità laddove era rischioso per qualunque giornalista e non solo, riportando ciò che è riuscita a percepire direttamente e applicando pratiche di fact-checking transmediale.

Una delle cose che più apprezzo di Antonella – e che ho ritrovato in questo libro – è la capacità di mettere le persone a proprio agio, che si tratti di lettori o di interlocutori poco importa. Lo si percepisce per esempio osservando il corrispondente significato in lingua italiana che fa seguire ai numerosi termini arabi, così come fa anche nelle conversazioni dirette. Lo si percepisce dalla voglia di far comprendere e di abilitare, merce sempre più rara. Il risultato è uno stile narrativo inconfondibile.

Inoltre, in fondo al libro troviamo un utile glossario finale sui termini arabi utilizzati.

Questi sono alcuni dei passaggi del libro che mi hanno catturato:

Nei Caffè, l’Haretna e il Na’na’, come ogni giorno, siedono coppiette e gruppetti di amiche, musulmane con l’hijab e cristiane con jeans attillati e capelli sulle spalle, fumando harghile, bevendo succhi di frutta, giocando a backgammon. fra i vicoli intricati, il solito sottofondo caotico di suoni, clacson, cantilene degli ambulanti, il richiamo del muezzin che si mescola a un coro che arriva dalla chiesa greco-ortodossa.
Ma sento un rumore nuovo, il ronzio degli elicotteri militari che sorvolano la città
.”

“«Ci fermiamo un po’ fuori» dice Hisham, «non voglio farti correre rischi, da qui vedrai, stai tranquilla». E infatti vedrò gente camminare al grido di hurryyah, ‘libertà’, tanta gente. E i poliziotti sparare, prima in aria.
Poi dritto al petto dei manifestanti. 

“Il cameriere chiede più volte: «Kullu-u-taman? ‘Tutto bene’?». più che una domanda, una richiesta di rassicurazione.
No, non va tutto bene.

Per quel che mi riguarda, è una lettura decisamente consigliata.

 

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