Quello della foto non è un negozio Chicco, né una libreria, né una cartoleria, né il Bar dello Sport, né un negozio di telefonia.
E’ l’ufficio postale principale di una città di oltre 50 mila abitanti dell’hinterland milanese.
Eppure vi troviamo scaffali pieni di giochi per l’infanzia, libri (cartacei), dizionari (cartacei), biglietti di auguri (cartacei), cellulari (di fascia ultra-bassa, sotto i 100€), SIM (sulla cui copertura non mi pronuncio, di certo non sono adatte per dispositivi mobili Apple) e le macchinette del “Gratta e vinci” (quello che io chiamo “la colletta tra poveri”). Persino i cd musicali, che pensavo esistessero ormai solo negli autogrill.
Fortunatamente non troviamo ancora esposti (per ora) grandi elettrodomestici e barbecue, acquistabili solo tramite il (pessimo) portale di e-commerce delle Poste.
Tutta fuffa, tutti prodotti insignificanti e datati, che potrebbero essere comunque acquistati in negozi specializzati o nei peggiori locali di Caracas (cit.).
Come si vede dalle foto, alla vendita di questi prodotti è riservata ampia superficie dell’ufficio postale e vi è dedicata una persona fissa.
Con circa 150 mila dipendenti, Poste Italiane S.p.A. è la più grande società di servizi italiana, controllata al 100% dal Ministero delle Finanze.
Presumo quindi che questa “diversificazione del business” sia particolarmente redditizia, tale quindi da giustificare lo spostamento di risorse e l’abbassamento della qualità dei servizi core business offerti al cittadino.
Ma anche no.