Dopo decenni di frequentazioni del territorio ligure, finalmente ieri mi sono deciso a visitare Toirano.
Per farlo ho scelto di far coincidere la visita alle famose grotte con la partecipazione alla festa dei Gunbi (i caratteristici frantoi liguri), una mostra-mercato di prodotti agricoli e artigianali locali molto nota in tutto il ponentino che quest’anno è arrivata alla 26esima edizione.
Il mio programma pomeridiano prevedeva:
Le grotte
Fanno parte di un complesso di formazione carsica e si trovano all’interno delle montagne alle spalle del paese e sono raggiungibili in auto oppure con mezzi pubblici che fanno la spola; se scegliete la seconda soluzione, mettete in conto delle attese degne di Penelope.
L’accoglienza al punto informazioni e al negozio dei souvenir è pari a quella dell’abitazione della famiglia Addams.
La toilette è qualcosa di immondo: probabilmente è dal paleolitico che non viene pulita e, ora che ci penso, anche i segni rupestri ne parlavano male.
Se comprate delle cartoline da spedire a chi non utilizza i social network, sappiate che non potrete spedirle da quel punto ma che dobbiate farlo una volta ritornati in Italia, sia perché la cassetta delle lettere non viene svuotata e sia perché chi le vende non ha i francobolli.
In compenso ci sono una pagina ufficiale su Facebook e un account Twitter per rimanere aggiornati e per lasciare commenti.
Agli amministratori della pagina di Facebook va dato atto che partecipano alle conversazioni in modo tempestivo, anche in orari notturni.
Sulla montagna di fronte un pittore ha dipinto sulla roccia diverse figure di persone dall’aspetto contadino e di notevoli dimensioni, con una tecnica chiamata “pittura acrobatica”; bello, singolare e ben amalgamato col territorio.
Le grotte meritano di essere visitate perché sono stupende: qui la natura si è sbizzarrita usando forme e colori a piacimento.
La temperatura interna è di 16 gradi e l’umidità è all’85%, quindi occorre vestirsi adeguatamente.
Nel cimitero degli orsi sono ben visibili le ossa, incredibilmente conservatesi fino ai giorni nostri, mentre per percepire i (pochi) resti degli uomini paleolitici occorre una notevole immaginazione: impronte e segni rupestri sono quasi cancellati dal tempo.
La visita guidata dura circa 70 minuti (anche qualcosa meno) ed è anche un valido allenamento per chi intendesse partecipare alle prossime Olimpiadi di atletica.
Il percorso sotterraneo misura 1300 metri e attraversa 150 grotte; il terreno è umido ma con un po’ di attenzione non si scivola.
Una guida dai modi rudi chiude il gruppo, con fare da militare teutonico che con gli occhi dice “schnell! schnell!”: è la stessa che mi ha infilato nella visita con il gruppo già partito da un pezzo, che mi ha costretto a una affannosa rincorsa tra le grotte, che mi ha fatto perdere molte spiegazioni e che mi ha impedito di soffermarmi a godere le grotte come avrei voluto (e come previsto dal loro programma).
Guarda caso nella pagina ufficiale su Facebook altre persone (sia italiane che straniere) hanno lasciato commenti con le mie stesse impressioni e rilevato che non viene evidenziato che questo percorso non è adatto né a bambini piccoli né ad anziani.
Un’altra guida in cima al gruppo ci spiega in 140 caratteri quello che i nostri occhi stanno osservando: non tutto, solo le cose principali.
Le spiegazioni vengono date prima in inglese (gli stranieri erano la maggioranza) e poi in italiano: in questo modo però si dimezza il numero di informazioni date a ogni turista.
Peccato, perché le guide sono molto preparate e se rivolgete loro domande sul singolo particolare delle grotte, loro sono sempre in grado di dare risposte soddisfacenti.
Per esempio, potrebbero organizzarsi in modo da fare le escursioni alternativamente in una delle due lingue o, meglio ancora, in modo da far parlare contemporaneamente le due guide, una in inglese e l’altra in italiano.
Poco chiare invece sono le regole di utilizzo di macchine fotografiche all’interno delle grotte: alla rivendita dei biglietti era esposto un cartello che diceva che è vietato, salvo autorizzazione delle guide.
Io, ligio, mi sono adeguato, salvo accorgermi all’interno che tutti scattavano foto e persino col flash, con l’autorizzazione delle guide.
Il museo etnografico
È un museo che raccoglie oggetti, attrezzi, vestiti e ricordi di ogni tipo della vita del luogo nel XVII secolo.
Si trova nel centro storico di Toirano, proprio a ridosso del Parco del Marchese, di fronte al quale ci sono alcuni comodi parcheggi.
Il biglietto per la visita alle grotte è valido anche per la visita al museo etnografico: inoltre, aggiungendo un solo Euro, è possibile vedere anche le cinque stanze dell’ultimo piano (che meritano di essere viste).
Al piano terra un percorso ci guida alla scoperta dei Gunbi; sullo stesso percorso si incontrano gli attrezzi tipici delle professioni dell’epoca, come l’agricoltore, il calzolaio e il fabbro.
Al primo piano ci sono ricordi di professioni come l’orologiaio e l’ottico, oltre a pezzi di arredamento e capi di abbigliamento.
Al piano superiore invece ci sono locali arredati e addobbati secondo le abitudini dei signori dell’epoca.
Un consiglio personale: meglio non andarvi nel periodo dei Gunbi per non avere problemi di parcheggio.
Il percorso eno-gastronomico tra i caruggi
Mi è piaciuto molto: anche per i non appassionati del genere è quasi impossibile non fermarsi a degustare qualcosa, tra i profumi che invadono i caruggi e le persone che assaggiano con l’espressione entusiasta.
Ogni scantinato e ogni vano al piano terra viene aperto e adibito a zona assaggio.
In uno di questi ho assaggiato le bruschette migliori nella mia vita, preparate al momento e composte in base ai miei gusti: ho visto persino persone farci un pasto completo.
Taverne e locali vari hanno proposto menù a base di prodotti tipici.
Oltre alle specialità gastronomiche, nei caruggi e nelle piazzette c’erano molte bancarelle con prodotti di artigianato locale.
È facile perdere l’orientamento nel dedalo dei caruggi: fortunatamente c’è sempre qualcuno del posto che ti trae d’impaccio dandoti le indicazioni opportune.
La cena rustica
In breve: è stato un gran puttanaio.
Mi scuso per il francesismo, ma non ho trovato un modo altrettanto efficace per rendere l’idea della situazione disorganizzata che ho trovato.
Come mi avevano anticipato alcuni amici, occorre arrivare con un certo anticipo se si vuole trovare un parcheggio decente, diciamo al massimo entro le ore 18: ho verificato di persona che arrivando nelle ore successive è molto probabile dover parcheggiare a parecchi chilometri di distanza(!!)
C’erano due punti di ritrovo principali: uno nel parco del Marchese e l’altro dalla parte opposta del centro storico.
Il primo prevedeva un menù a base di carne e il secondo a base di pesce (surgelato): le code erano chilometriche a entrambi perché l’affluenza, come da tradizione, è stata notevole.
Le indicazioni erano quasi inesistenti e molti presenti girovagavano a vuoto o attendevano strenuamente il loro turno: tra questi, molti erano bambini e anziani.
Oltre a ciò, occorreva fare una coda alla cassa, un’altra per gli antipasti, un’altra per i primi e i contorni, un’altra per i secondi, un’altra per bibite e dolci: assurdo!
Il vino DOC (buonissimo) servito nei bicchieri di plastica è qualcosa di inconcepibile.
Nonostante tutto, i prezzi di cibo e bevande non erano propriamente popolari.
In conclusione
Le grotte è meglio visitarle al di fuori del periodo estivo.
Una volta viste, probabilmente non ci ritorneremo, in ogni caso: questo probabilmente lo sa anche chi gestisce il tutto e credo che non stimoli a fornire un servizio migliore.
Partecipare alla festa dei Gunbi richiede notevole spirito di adattamento, specie se ci si ferma per la cena rustica.
Purtroppo in questo caso non possiamo scegliere noi il periodo, però è utile sapere che il sabato è la giornata più caotica (per gli orari leggi le considerazioni fatte sopra).
L’organizzazione e l’accoglienza non sono mai stati il fiore all’occhiello della cultura ligure: se non sei nuovo a questi territori riuscirai a fartene una ragione.
L’ospitalità, in questa occasione, è stata eccellente da parte dei singoli abitanti locali e pessima da parte di tutte le strutture con alle spalle una organizzazione pubblica.
Nonostante questo, la parte che ha registrato più affluenza è stata quella che io ho indicato come la meno riuscita e, probabilmente, l’anno prossimo molte di quelle persone ritorneranno.
Quello che mi dispiace in tutto questo è vedere per l’ennesima volta il turismo verso un territorio bello da visitare e da vivere come quello ligure (nello specifico, l’entroterra) mortificato da una scarsa attenzione nei confronti dei turisti.