Checché ne dica la FIEG, che individua nell’intervento pubblico a tutela della proprietà individuale la panacea di tutti i mali che la affliggono (dal calo della diffusione a quello della raccolta pubblicitaria), sono ben altre le cure di cui avrebbe bisogno per risollevarsi.
Dovrebbe innanzitutto ripensare la catena del valore, per poi intervenire su contenuti, canali e strategie di marketing.
E così, mentre la sospensione delle agevolazioni postali per l’editoria (che per gli editori maggiori comporta un aumento delle uscite quantificabile in alcune centinaia di migliaia di euro al mese) ha sortito per i publisher l’effetto di un’accelerazione della transizione verso il digitale, dall’altro questi rivendicano aiuti pubblici in funzione di valori che si autoattribuiscono, dimenticando che il valore assunto dal singolo bit informativo (a maggior ragione in un tessuto sociale come quello delle reti digitali) deve essere identificato in chiave ecosistemica.
Nell’ecosistema che funziona, diversi soggetti collaborano e contribuiscono alla creazione di valore, ricevendone ciascuno in cambio benefici sotto varia forma, nel quale il valore della somma delle singole unità informative è inferiore al valore complessivo.
Paventare la possibilità che anche in Italia si verifichi una situazione come quella che ha colpito un quotidiano come Le Monde (gruppo Lagardère), le cui sorti dipenderanno dai salvagenti che gli verranno lanciati nei prossimi giorni, non è irrealistico ma nemmeno dovrebbe condizionare un eventuale sostentamento dall’alto.
Arroccarsi in difesa delle proprietà intellettuali, che pur vanno tutelate, appare come l’ennesimo tentativo di sopravvivenza di chi non ha capito che il mondo nel frattempo è cambiato e non ritiene che la propria integrazione nella rete sociale possa portare benefici a sè e a tutti gli stakeholders.
E’ comunque quanto meno singolare che qualcuno possa pensare che non occorra più “fare distinzione tra prodotto editoriale cartaceo e online“, per esempio chiedendo che le rilevazioni ADS delle copie digitali in abbonamento vengano equiparate alle stesse cartacee, mentre la stessa attenzione raramente viene dedicata per comprendere quali siano le reali esigenze dei mercati dei media digitali.